Ndrangheta, la menzogna delle origini

1. LA LEGGENDA SULLE ORIGINI
La ndrangheta ha una leggenda sulle sue origini, quella di Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Siamo nel 1400, in Spagna, quando venne fondata la Garduna, società segreta talmente potente da riuscire a condizionare le politiche del governo spagnolo.
I suoi membri, forti della corruzione di magistrati, agenti e funzionari dello stato, agivano al di sopra delle regole impunemente. I valori che li guidavano erano l'onore, la segretezza, la forza e il coraggio.
Fra questi membri vi erano Osso, Mastrosso e Carcagnosso. I tre fratelli, un giorno, uccisero un protetto del re di Spagna, colpevole di aver stuprato la loro sorella. Così, riconosciuti colpevoli, vennero condannati a 29 anni, 11 mesi e 29 giorni nell'isola di Favignana, famosa per le sue terribili carceri.
Tuttavia i protagonisti non si persero d'animo per la lunga detenzione o per le condizioni di vita difficili: iniziarono a lavorare per la creazione di una società nuova. Ben presto crearono regole, codici e riti di affiliazione, formule segrete.
Finita la carcerazione, i tre fratelli, si giurarono fedeltà e rispetto nel nome di Dio e del sacro vincolo familiare. Osso decise di rimanere in Sicilia, votandosi a Gesù Cristo e fondando cosa nostra. Mastrosso andò in Calabria, vontandosi a San Michele e creando la ndrangheta. Carcagnosso arrivò in Campania, votandosi a San Pietro, fondando la camorra.
2. UN FALSO MITO MA IMPORTANTE
Questa leggenda è un falso storico, utile a colmare l'ignoranza degli ndranghetisti sull'origine dell'associazione. Tuttavia è fondamentale analizzare il racconto, poiché consente di comprendere la mentalità mafiosa e le sue regole.
Evidente è il richiamo alla religione cristiana, il cui pensiero è usato dalla ndrangheta per avvolgersi in un'aura mistica, nel tentativo di abbagliare e affascinare chiunque si accosti ad essa. I padri fondatori della mafia erano tre, il numero perfetto, così come la trinità cristiana (Padre, figlio e Spirito Santo).
Inoltre, con l'accostamento dei tre fratelli a figure religiose di alto profilo, la ndrangheta esprime la sua superiorità rispetto a qualsiasi potere terreno: l'associazione, nel racconto, diventa un portavoce di Dio in terra, le cui decisioni non possono essere errate in quanto ispirate dal divino.
Oltretutto l'associazione è intoccabile, essendo protetta da San Michele Arcangelo, il braccio destro di Dio. Un senso di superiorità vollero trasmettere i creatori di questa leggenda, confermato dalla spavalderia dei protagonisti nell'uccidere un protteto del re, colpendo direttamente il potere dello stato.
Altro aspetto di rilievo è la narrazione fatta sulla carcerazione: non viene presentata come una sciagura, anzi, come l'occasione per l'evoluzione degli "uomini d'onore". I tre fratelli, infatti, dal carcerere riusciranno a fondare una nuova società, elevandosi da semplici nobili a capostipiti della genealogia mafiosa.
Ultimo aspetto analizzato è la loro sorella: rappresenta il debole che può trovare giustizia solo nei tre cavalieri, quindi nella ndrangheta, contro i soprusi dell'altro potere terreno concorrente, lo stato.
Una leggenda riassumibile in un messaggio di poche righe: Siamo superiori agli altri, in quanto protetti e guidati da Dio. Sotto la nostra protezione il debole può trovare riparo contro l'ingiustizia dello stato. Se dovessimo essere condannati al carcere noi saremmo ben lieti, poichè quel luogo è per noi sacro e da lì usciremo ancor più evoluti nella caratura criminale.
Un racconto importante, capace di definire l'identità mafiosa, ma che si scontra con una realtà ben diversa: La ndrangheta non è realmente protetta da Dio, il cui messaggio è totalmente travisato dalle ndrine. A riprova di ciò basti ricordare la scomunica comminata, ai mafiosi, dalla chiesa cattolica.
L'operato di questa associazione non è a favore dei deboli, anzi, li usa per rafforzare il proprio potere, sedendosi a trattare con chi potremmo definire potente, la politica.
Inoltre, pur ammettendo l'importanza del carcere per la carriera criminale, non vi è altro sistema per fermare questo pericolo, se non condannandolo al massimo della pena, in galera, sottraendo la società dalle grinfie di questi deviati.
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